Riqualificazione giuridica del fatto. Utilizzabilità delle intercettazioni.

  Massima a cura dell’avv. Stefania Mantelli del Foro di Catanzaro Contestazione nuovi reati a seguito degli esiti del compendio intercettivo. Assenza di connessione ex art. 12 c.p.p., anche sotto il profilo dell’art. 81 cpv c.p. e mancata inclusione nel novero dei reati di cui all’art. 266 c.p.p. o soggetti all’arresto obbligatorio in flagranza ex art. 380 c.p.p. Inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni di conversazioni. Acquisibilità delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni come corpo del reato. Esclusione laddove costituisca mera documentazione sonora della commissione del fatto o mera prova di un frammento del reato. (ordinanza del 23 gennaio 2023 Tribunale di Catanzaro, in composizione monocratica). In tema di intercettazioni, stante il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui l’utilizzabilità delle intercettazioni per un reato diverso, connesso con quello per il quale l’autorizzazione sia stata concessa, è subordinata alla condizione che il nuovo reato rientri nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 c.p.p., non si applica ai casi in cui lo stesso fatto-reato per il quale l’autorizzazione è stata concessa sia diversamente qualificato in seguito alle risultanze delle captazioni,  poiché in tale evenienza non vi è elusione del divieto di cui all’art. 270 c.p.p. attesa l’intervenuta legittima autorizzazione dell’intercettazione e la modifica dell’addebito unicamente per sopravvenuti fisiologici motivi. Incontra, invece, la sanzione dell’inutilizzabilità, l’ipotesi in cui, all’esito delle intercettazioni legittimamente disposte, la Procura valuti di contestare nuovi reati, privi di qualsivoglia connessione ex art. 12 c.p.p. con il delitto in relazione al quale l’autorizzazione alle intercettazioni di conversazioni telefoniche era stata originariamente disposta, i quali neanche rientrino nei delitti per i quali è consentita l’intercettazione di conversazioni ai sensi dell’art. 266 c.p.p. o l’arresto obbligatorio in flagranza ai sensi dell’art. 380 c.p.p. Nel caso di specie, il Tribunale non ha riscontrato alcuna connessione neanche sotto il profilo del vincolo della continuazione ex art. 81 cpv c.p., in considerazione dell’evidente autonomia sussistente fra le incriminazioni, che non consente di desumere alcuna primitiva rappresentazione, nemmeno ipotetica ed eventuale, dei singoli fatti di reato. Trattasi, all’evidenza, di fatti storici del tutto autonomi ed eterogenei sotto il profilo della condotta, dei motivi a delinquere, rispetto ai quali non può, dunque, rinvenirsi alcun elemento sintomatico di collegamento psicologico. In tema di intercettazioni, la conversazione o comunicazione intercettata costituisce corpo del reato solo allorché essa integri ed esaurisca la condotta criminosa, nei casi in cui questa possa perfezionarsi anche con la sola interlocuzione oggetto di registrazione, mentre deve escludersi la natura di corpo del reato dell’intercettazione che costituisca mera documentazione sonora della commissione del fatto o prova di un frammento del reato, portato a compimento con condotte ulteriori, rispetto alle quali la comunicazione assuma mero carattere descrittivo (Nel caso di specie le conversazioni costituivano solo prova di un frammento del reato, atteso che per potersi integrare la fattispecie di falso in atto pubblico è necessaria, quanto meno, la compilazione materiale del certificato medico contenente la diagnosi assunta come non veritiera).

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