BENEFICIO PREMIALE DISCENDENTE DALLA MANCATA PROPOSIZIONE DELL’APPELLO AVVERSO LA SENTENZA DI CONDANNA EMESSA ALL’ESITO DI GIUDIZIO ABBREVIATO. L’ARTICOLO 442 COMMA 2 BIS CPP, APPRODI GIURISPRUDENZIALI E PROFILI DI ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
di Vittoria Bossio – RIDUZIONE DI 1/6 AD OPERA DEL GIUDICE DELLA ESECUZIONE DELLA PENA IRROGATA IN CASO DI MANCATA IMPUGNAZIONE DELLA SENTENZA EMESSA A SEGUITO DELLA DEFINIZIONE DEL PROCEDIMENTO NELLE FORME DEL RITO ABBREVIATO La disposizione dell’art. 442 cod. proc. pen. è stata modificata mediante l’introduzione del comma 2-bis, per effetto dell’art. 24, lett. c), d.lgs. n. 150 del 2022, in conseguenza del quale quando l’imputato o il suo difensore non propongono impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena irrogata è ulteriormente ridotta nella misura di un sesto dal giudice dell’esecuzione. Tale disposizione veniva introdotta in ossequio all’art. 1, comma 10, lett. b), n. 2, legge 27 settembre 2021, n. 137, recante «Delega al Governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari», che imponeva al legislatore delegato di «prevedere che la pena inflitta sia ulteriormente ridotta di un sesto nel caso di mancata proposizione di impugnazione da parte dell’imputato, stabilendo che la riduzione sia applicata dal giudice dell’esecuzione». Nella stessa direzione, inequivocabilmente deflattiva, occorre richiamare la previsione dell’art. 1 comma 10, lett. a), n. 1, legge n. 137 del 2021, che impone al legislatore delegato di «modificare le condizioni per l’accoglimento della richiesta di giudizio abbreviato subordinata a un’integrazione probatoria, ai sensi dell’articolo 438, comma 5, del codice di procedura penale, prevedendo l’ammissione del giudizio abbreviato se l’integrazione risulta necessaria ai fini della decisione e se il procedimento speciale produce un’economia processuale in rapporto ai tempi di svolgimento del giudizio dibattimentale». MODALITÀ PER RICHIEDERE LA RIDUZIONE PREVISTA DALL’ARTICOLO 442 COMMA 2 BIS CPP La nuova formulazione dell’art. 676, comma 3-bis, cod. proc. pen. prevede: «Il giudice dell’esecuzione è, altresì, competente a decidere in ordine all’applicazione della riduzione della pena prevista dall’articolo 442, comma 2- bis cpp. In questo caso, il giudice procede d’ufficio prima della trasmissione dell’estratto del provvedimento divenuto irrevocabile». La disposizione in questione, dunque, esclude dalla disciplina dell’art. 676, comma 1, cod. proc. pen., che prevede il procedimento di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen. la materia della diminuente esecutiva, che colloca in un diverso e autonomo ambito processuale, nel quale non vi è alcun riferimento esplicito al procedimento de plano. Ne discende che il trasferimento in una sede processuale diversa da quella originaria – ovvero quella disciplinata dal novellato art. 676, comma 3-bis, cod. proc. pen. – della regola attributiva della competenza, relativa alle ipotesi di cui all’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., in assenza di richiami espressi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., non consente di ritenere applicabile la procedura de plano per concedere la diminuente esecutiva in esame. Ne discende che deve ritenersi affetta da nullità assoluta, rilevante ai sensi dell’art. 179, comma 1, cod. proc. pen. e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, l’ordinanza con cui il giudice dell’esecuzione, provvedendo de plano, respinga un’incidente di esecuzione presentato al di fuori dei casi espressamente previsti dall’art. 666 cod. proc. pen. Cfr. Cass. Pen. Sezione I sentenza n. 07356/2025. APPLICABILITÀ DELLA RIDUZIONE SOLO IN CASO DI MANCATA PROPOSIZIONE DELL’APPELLO E NON NEL CASO DI RINUNCIA ALL’APPELLO PROPOSTO. La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 51180/2023 ha stabilito che la riduzione di 1/6 della pena consegue solo alla mancata impugnazione e non anche alla rinuncia di quella già presentata. La Suprema Corte premette che appare opportuno richiamare, condividendolo, l’orientamento ermeneutico maturato in sede di legittimità in merito alla portata dell’art. 442, comma 2-bis, cod. proc. pen., come introdotta nell’ordinamento dall’art. 24 d.lgs. n. 150 del 2022, con entrata in vigore alfine fissata al 30 dicembre 2022. La norma, collocata nell’alveo dell’art. 442 cod. proc. pen., volto a disciplinare la fase della decisione di primo grado nel rito abbreviato, stabilisce che quando né l’imputato né il suo difensore hanno proposto impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena inflitta è ulteriormente (rispetto alla riduzione per il rito a prova contratta fissata nel comma 2) ridotta di un sesto dal giudice dell’esecuzione. Si è, al riguardo, precisato che la condizione processuale che ne consente l’applicazione è costituita dall’irrevocabilità della sentenza per mancata impugnazione ed essa, in quanto soggetta al principio del tempus regit actum, è ravvisabile solo rispetto a sentenze di primo grado divenute irrevocabili dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, pur se pronunciate antecedentemente. Per vero, la ratio dell’intervento riformatore si profila individuabile nel perseguimento dello scopo di ridurre la durata del procedimento penale, favorendo la definizione della causa dopo l’emissione della sentenza di primo grado, così da evitare l’ingresso del procedimento stesso nella fase delle impugnazioni, quali che l’ordinamento in concreto consenta nel singolo caso, allorquando – trattandosi di sentenza di condanna, emessa all’esito di giudizio assoggettato al rito abbreviato – l’imputato e il difensore valutino come non sorretta da un apprezzabile interesse la prospettiva di sottoporre a nuova verifica la decisione emessa dal primo giudice e considerino, proprio in virtù della nuova opportunità offerta dalla norma, più conveniente rinunciarvi al fine di assicurare all’imputato stesso la riduzione – ulteriore rispetto a quella determinata dalla scelta del rito – pari alla frazione di un sesto della pena irrogata. È, dunque, la radicale mancanza dell’impugnazione – e soltanto essa – che, determinando l’effetto deflattivo perseguito, integra il presupposto necessario per fruire della riduzione ulteriore della pena contemplata dal comma 2-bis della norma. Conferma tale approdo la scelta che la norma ha operato per individuare il giudice competente a sancire la riduzione e, conseguentemente, il procedimento occorrente per la relativa determinazione: a provvedere deve essere il giudice dell’esecuzione; e ciò esige l’instaurazione del procedimento esecutivo, secondo le forme proprie che, in questa sede, non è necessario approfondire. Certo è che, avendo previsto l’esclusiva competenza del giudice dell’esecuzione per l’applicazione della riduzione, la norma corrobora l’approdo ermeneutico secondo cui soltanto la mancanza dell’impugnazione avverso la sentenza di primo grado integra la condizione legittimante la riduzione stessa. Se il legislatore avesse inteso applicare questa riduzione premiale alla diversa fattispecie della rinuncia