Omicidio nautico: Reato di nuovo conio. Se ne sentiva davvero la necessità?

di Angela La Gamma – ottobre 2023

Ci risiamo. A meno di dieci giorni dall’ormai famigerato decreto Caivano, in cui è contenuta una sfilza di previsioni a carattere fortemente repressivo, con un grave e intollerabile abbassamento della soglia dell’imputabilità e una espansione del già eccessivo ambito di applicazione delle misure di prevenzione, prende vita, nell’ordinamento italiano, un nuovo reato.

Stavolta il neo-nato delitto porta il nome di “omicidio nautico” e determinerà una modifica agli articoli 589 bis, 589 ter, 590 bis e 590 ter del codice penale, nonché si ritiene, agli articoli 590 quater e quinquies, in tema di omicidio e lesioni stradali.

Il disegno di legge, approvato il 21 settembre scorso, in via definitiva, alla Camera con 268 voti favorevoli ed un solo contrario, e che, a febbraio, aveva già ricevuto il via libera in Senato, non avendo subito modifiche, diventerà legge tra una manciata di giorni, dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Ed ecco, quindi, che le pene previste per il delitto di omicidio stradale e per quello di lesioni stradali, diventano applicabili anche ai fatti commessi con violazione delle norme sulla circolazione marittima; pene esemplari, inoltre, anche per chi viene trovato alla guida di un natante da diporto in stato di alterazione psicofisica determinato dall’assunzione di alcol o di sostanze stupefacenti

Non solo. Sotto il profilo procedurale, è stato esteso l’obbligo di arresto in flagranza anche al conducente di un mezzo nautico che sia trovato in stato di ebbrezza alcolica o abbia assunto sostanze stupefacenti o psicotrope.

Una nuova fattispecie di reato quindi, in tutto e per tutto equiparata all’omicidio ed alle lesioni stradali della quale, a dirla tutta, non si sentiva affatto la necessità.

E invero, la circolazione con mezzi da diporto è senza dubbio, ad avviso di chi scrive, completamente differente dalla circolazione stradale, non fosse altro perché più contenuta e limitata oggettivamente e soggettivamente; ciò induce a nutrire serie perplessità sull’adattabilità della normativa (si ricorderà, di tipo emergenziale) dettata in materia di omicidio e lesioni stradali alla differente ipotesi di fatti avvenuti in mare o, comunque, alla guida di imbarcazioni.

Quale è stato, questa volta, l’allarme sociale che ha indotto il legislatore ad intervenire facendo ricorso allo strumento penalistico?

Nessuno. Sebbene l’emergenzialismo degli ultimi anni non sia affatto una scriminante alla compulsività legislativa, anzi il contrario, stavolta non vi è nemmeno un fatto di grave allarme sociale cui imputare la responsabilità dell’agire irresponsabile del nostrano legislatore.

L’introduzione della nuova fattispecie di reato, altro non è, se non l’ulteriore esempio – come se già non bastassero i precedenti – dell’ipertrofia del diritto penale in Italia.

Quando si ha un calo del consenso popolare, quando le famiglie sono allo stremo, quando le promesse elettorali sono rimaste, appunto, scatole piene solo di belle parole, ecco che si tenta di riacquistare il rispetto della cittadinanza mediante un inasprimento delle sanzioni ovvero inventando nuove fattispecie di delitti.

Un dato deve essere rilevato. Nel caso in esame, l’impatto sotto il profilo formale sarà meno evidente e gravoso, dal momento che non verranno introdotti nuovi articoli nel codice penale, ma verranno, soltanto, apportate modifiche a quelli già esistenti in materia di omicidio e lesioni stradali; quello che deve destare allarme e far riflettere, però, è la facilità con cui si fa ricorso, in maniera ormai quotidiana, al diritto penale, il quale, al contrario dovrebbe rappresentare l’extrema ratio, il rimedio minimale riservato alla repressione di fatti gravissimi e tassativamente tipizzati.

E, invece, esempi quali il decreto Caivano, il decreto Cutro ed oggi il nuovo reato di omicidio nautico, mettono in evidenza come ci si trovi in un’epoca dominata dal panpenalismo, dalla pervasività del diritto penale, inoculato, ormai, in ogni piega del tessuto sociale, che vede il legislatore nelle vesti di un moderno giustiziere, il cui agire è veicolato, esclusivamente, da emotività momentanea e da un magnetismo ancestrale verso la creazione di nuovi reati.

Questa corsa alla repressione, però, sta portando il potere legislativo a non operare una preliminare considerazione della realtà normativa esistente e, di conseguenza, a partorire nuove fattispecie delittuose che, spesso, rimangono puramente simboliche, dettate dalla bramosia di placare e tenere a freno l’opinione pubblica, distraendola dalle effettive criticità.

Quale sarà il prossimo frutto di questa deriva giustizialista che sta infettando l’Italia, nella quale il diritto penale è sempre più il mezzo privilegiato per perseguire fini politici o morali? La sensazione è che non passerà molto tempo prima della nuova, improbabile, creazione…

(Foto tratte dal web)

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